Tribunale blocca la caccia ai cervi in Abruzzo
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Il Tar dell'Aquila ha emesso una sentenza che blocca la stagione di caccia ai cervi in Abruzzo. La decisione, accolta con entusiasmo dalle associazioni ambientaliste, arriva al termine di una lunga battaglia legale contro la Regione Abruzzo. Il tribunale amministrativo ha accolto il ricorso presentato da diverse organizzazioni che denunciavano l'inadeguatezza del piano di gestione faunistico regionale, ritenendolo non sufficientemente attento alla conservazione della specie e alla tutela dell'equilibrio ambientale.
La sentenza del Tar si basa su diverse criticità rilevate nel piano di caccia. Tra queste, la mancanza di dati certi sulla consistenza della popolazione di cervi presenti nella regione e l'assenza di un'analisi approfondita sull'impatto che l'attività venatoria potrebbe avere sull'ecosistema. Gli ambientalisti avevano sottolineato la necessità di una gestione più sostenibile delle risorse faunistiche, prevedendo metodi di controllo meno impattanti rispetto alla caccia tradizionale.
La decisione del Tar rappresenta una vittoria importante per la tutela della biodiversità in Abruzzo. Le associazioni ambientaliste hanno espresso soddisfazione per la sentenza, sottolineando l'importanza di una gestione responsabile delle risorse naturali e l'urgenza di adottare piani di gestione faunistici più scientificamente fondati e rispettosi dell'ambiente. La Regione Abruzzo, dal canto suo, dovrà ora rivedere il proprio piano di gestione della fauna selvatica, tenendo conto delle osservazioni del Tar e delle esigenze di conservazione della specie.
La sentenza non si limita a bloccare la caccia per quest'anno, ma pone le basi per una rivalutazione complessiva del sistema di gestione della fauna selvatica in Abruzzo. Questo significa che la Regione dovrà impegnarsi in un processo di approfondimento scientifico per valutare in modo accurato lo stato di salute delle popolazioni di cervi e definire strategie di gestione più adeguate. Il futuro della caccia al cervo in Abruzzo dipenderà quindi dalla capacità della Regione di presentare un nuovo piano di gestione che sia in linea con le norme di legge e con le esigenze di conservazione della biodiversità.