Cronaca

Gramellini e i femminicidi: il male silenzioso

La riflessione di Gramellini sui femminicidi di Sara e Ilaria, due vite spezzate dalla violenza, scuote profondamente. L'analisi non si …

Gramellini e i femminicidi: il male silenzioso

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La riflessione di Gramellini sui femminicidi di Sara e Ilaria, due vite spezzate dalla violenza, scuote profondamente. L'analisi non si concentra solo sull'atto estremo, ma sul subdolo percorso che porta ad esso. Il male, sottolinea Gramellini, non sempre indossa una maschera aggressiva. Spesso si annida in dinamiche relazionali subdole, in comportamenti manipolatori che lentamente soffocano la vittima, isolandola e indebolendola. La violenza non è sempre un'esplosione improvvisa, ma un processo di erosione dell'identità e dell'autostima.

La tragedia di Sara e Ilaria rappresenta un drammatico esempio di questa verità. Le loro storie, probabilmente, raccontano di un lento avvelenamento psicologico, di un progressivo controllo esercitato sul loro corpo e sulla loro volontà. Non solo violenza fisica, quindi, ma anche violenza psicologica, economica e sociale. Un lento strangolamento, spesso inosservato fino a quando non è troppo tardi. La riflessione di Gramellini, quindi, è un invito a guardare oltre la superficie, a riconoscere i segnali sottili che preannunciano il pericolo.

È necessario sviluppare una maggiore sensibilità verso le dinamiche di abuso e controllo all'interno delle relazioni, imparando a riconoscere i campanelli d'allarme anche quando si presentano in modo discreto. Non si tratta di demonizzare i rapporti interpersonali, ma di promuovere una maggiore consapevolezza e un'attenzione costante. Solo così possiamo spezzare la catena della violenza e prevenire tragedie come quelle di Sara e Ilaria. La società nel suo complesso ha una responsabilità: fornire supporto alle vittime, educare alla parità di genere e contrastare culturalmente la normalizzazione della violenza maschile sulle donne. Il silenzio è un complice, la conoscenza è la nostra arma più potente.

Gramellini pone l'accento sulla necessità di un'analisi più profonda delle radici del problema, spostando l'attenzione dalla semplice condanna dell'atto alla comprensione delle dinamiche che lo generano. Non basta perseguire i colpevoli; occorre prevenire il crimine. Questo richiede un impegno collettivo, un cambio di mentalità che parte dall'educazione e dall'informazione. È tempo di superare il pregiudizio che vede la violenza come un evento isolato e di riconoscerla come un problema strutturale che necessita di soluzioni urgenti e incisive. La memoria di Sara e Ilaria deve servire come monito per il futuro, un invito alla responsabilità individuale e collettiva.

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